“Viennesi! imparate a conoscere gli italiani. Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà. Popolo di Vienna, pensa ai tuoi casi. Svegliati! Viva la libertà! Viva l’Italia! Viva l’Intesa”
Gabriele D’Annunzio
La mattina del 9 agosto 1918, alle 9:20 i cittadini della capitale austroungarica lessero questo messaggio su 350.000 volantini, lanciati dagli aerei dell’ 87a squadriglia, soprannominata “la Serenissima”. Le parole erano di Ugo Ojetti, giornalista, romanziere e storico dell’arte; un altro testo , più lungo e giudicato meno adatto alla traduzione in tedesco, era stato scritto da Gabriele D’annunzio, e stampato in “sole” 50.000 copie. L’idea di un volo su Vienna era stata concepita nell’estate 1918 dal Comandante del servizio Aeronautica Gen. Bongiovanni, e dal Capitano Masprone, leader dell’unità. Il 26 giugno 1918 , durante la triste circostanza del funerale di Francesco Baracca, Bongiovanni espose il piano a Gabriele D’Annunzio che nel 1915 aveva ideato ed eseguito, con l’aiuto di piloti eccellenti quali Giuseppe Miraglia ed Ermanno Beltramo, lanci di volantini propagandistici su Trieste e su Trento. Tuttavia, per Vienna, il consiglio del poeta era lanciare “diecimila chilogrammi di tritolo”. Per dimostrare la sua volontà di eseguire la missione, fece allestire personalmente un trimotore Caproni da bombardamento che, dopo un difficile nulla osta ai collaudi dal comando Supremo, effettuò felicemente un volo di 10 ore. Ma su impulso di Ojetti, che allora dirigeva il Servizio Propaganda, l’esercito decise per un volo non bellico; D’Annunzio avrebbe partecipato ugualmente, anzi, la sua presenza avrebbe avuto un preciso significato psicologico e politico, ma gli fu negata facoltà di volare su un bombardiere. L’Ansaldo allora allesti per lui un biposto,lo SVA 9, che andò distrutto durante le prove e costo la vita al suo pilota designato, Luigi Bourlot. Il poeta smaniava per avere un aereo pronto per la sua impresa e l’ingegrer Brezzi gli presento una soluzione piuttosto spaventosa: se voleva uno SVA due posti completamente nuovo, e pronto per tempo, doveva accettare di volare dentro un abitacolo ricavato nello spazio sopra il serbatoio di fusoliera, una soluzione così pericolosa che fu soprannominata “ la sedia incendiaria”. Il poeta , che aveva fatto dell’ardimento un ideale nazionale, non poteva ritirarsi di fronte ad un inconvienente simile, perciò ovviamente accetto. Per volare con D’Annunzio sullo SVA 10 fu scelto il Capitano Natale Palli; l’unitá decollo il 2 agosto 1918 in due formazioni di sette elementi, ma sulle Alpi trovò condizioni di visibilitá insufficienti a causa delle fitte nuvole e tornò indietro. All’ aeroporto di partenza , a causa della fitta nebbia, la situazione non era migliore e perciò, nel difficile atterraggio andarono persi tre aerei. Il secondo tentativo avvenne il giorno 8 e fu interrotto nuovamente, sempre da problemi di navigazione sulle vette alpine. Il comando dispose allora che potava esserci un ultimo tentativo il giorno seguente ma, in caso di interruzione, la missione sarebbe stata annulata definitivamente. All’alba dell’ultimo giorno, il poeta fece giurare ai piloti che sarebbero giunti a destinazioneo morti nel tentativo. La formazione di dieci monoposto SVA decollo alle6:00 da San Pelagio (Padova), alla volta di Vienna. C’erano i piloti AntonioLocatelli, Girolamo Allegri, Lodovico Censi, Aldo Finzi, Pitro Massoni, Giordano Bruno Granzarolo, Giuseppe Sarti, Francesco Ferrarin, Alberto Masprone, e Vincenzo Contratti, mentre D’Annunzio ancora una volta con Antonio Palli sullo SVA 10. A pochi minuti dal decollo gli aerei di Masprone, Ferrarin e Cotratti diedero segno di malfunzionamento al sistema di alimentazione, perciò dovettero rientrare alla base; il capo squadriglia ebbe difficoltá nell’atteraggio e fini contro un albero, ferendosi seriamente. Il resto drl gruppo sorvolo compatto le foci del tagliamento, Udine, Cividale, il Monte Tricorno, il Lago di Worth e la cittá di Bruck. Nei cieli di Wiener-Neustadt, Sarti soffrì un’avaria, probabilmente una perdita di compressione del motore, perciò decise di atterrare con una delicara planata a regime minimoe , incolume, abbandonò e incendiò l’aereo per non farlo cadere in mani nemiche, sapendo che non poteva evitare di essere fatto prigioniero. Il resto della formazione sorvolò Vienna, lanciò i volantini, scatto fotografie e tornò indietro senza difficoltà: dopo avercsorvolato anche Gratz, Lubiana e Trieste, atterrò a San Pelagio alle 12:40. Dai documenti ufficiali, ricchi e dettagliattissimi, si apprende che il volo era durato sei ore, gli aerei erano stati preparati con motore SPA 200 HP con magmeti Marelli e candele Bosch dal lato del carburante, Equijn o Lodge da quello dello scappamento. Ogni biplano era stato provato a terra per circa sette ore, tre a regine minimo e quattro a regime massimo del motore, seguito da 30 minuti di volo di collaudo. I serbatoi potavano 300 litri di benzina e altri 12 nei due serbatoi sopra le ali, utilizzati per l’avviomdei motori; il caricindi ciascono degli SVAera di 379,8 kg, costituiti per lo più da carburante. Anche se non fu esploso un colpo, glibaerei erano dotati ciascuno di due mittragliatrici Vickkers con 400 proiettili: il motivi per cui il volo si svolse tranquillamente risiede anche nella facilitá con cui lo SVA veniva scambiato per un ricognitore austriaco Taube, di simile pianta alare. L’inganno era allimentatonanche dall’uso di una formazione molto conpatta, che poteva far pensarea un volo dimostrativo o di trasferimento. Il raid sinera svoltobad una quota trani 3000 e i 3500 metri e solo su Vienna gli aerei erano scesi fra i 800 e i 1000 metri. Dal sorvolo di 1100 km, per 950 km in territorio nemico, erano state riportate 113 fotografie, contenenti numerose informazioni, come la prsenza di un campo di volo molto fornito a Wiener-Neustdt e di grandi stabilimenti e capannoni sulle rive del fiume Murz. La serenissima subì una reazione inefficace della contraerea di Lubiana e fu inseguita da due idrovolanti decollati da Trieste. L’impatto psicologico di quest’avventura sulla popolazione civile e tra i ranghi militari fu enorme: la nazione si era dimostrata all’altezza dei più alti valori decantati dalla propoganda, portando a termine uno sforzo eccezionale senza finalitábelliche. Il riscontro dell’effetto che si ebbe sui cittadini viennesi è minore ma sappiamo che aal’epoca i sentimenti irredentisti e il disfattismo si erano diffusi nella popolazione austroungarica e il quotidiano” Arbeiter Zeitung” scrisse: dove sono i nostri D’Annunzio, che noi un uomo gonfio di presunzione, l’oratore pagato per la propaganda di guerra in grande stile, ha dimostrato d’essere un uomo all’altezza del compito e un bravissimo ufficiale aviatore. Il difficile e faticoso volo da lui eseguito, nella sua non più giovane etá, dimostra a sufficienze il valore del Poeta italiano, testimoniando che qualcosa del messaggio aveva fatto breccia.